L'Arbolé di Hiram Green non è quello che mi aspettavo dal liquido verdeggiante raffigurato nella bottiglia. Si tratta di un anice legnoso, una vaniglia cerosa, un eliotropio dolce e polveroso. Molti recensori lo descrivono come lussuoso, accogliente ed elegante e credo di capirlo, ma c'è qualcosa di inquietante che si nasconde sotto la pelle. È la narratrice inaffidabile del thriller domestico-noir più venduto; è elegante, privilegiata, forse vive in un appartamento parigino o in un appartamento di lusso a Londra. Ha un matrimonio travagliato o è in lutto per la morte del marito e/o del figlio, è isolata, probabilmente si sta curando da sola e non è sempre molto lucida, è paranoica o è stata spiata, spia i vicini, gioca a fare la detective, è troppo intelligente per il suo bene, ma capisce troppo tardi di essersi fidata della persona sbagliata. Si mette in un angolo e raramente riesce a chiudere il cerchio, o addirittura a uscirne dall'altra parte. Il profumo della paura e dell'ansia che queste donne emanano mentre si fanno strada tra i colpi di scena di queste storie? È la fragranza della bellezza inquieta e disagiata di Arbolé.
